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CO.CO.CO. SI O CO.CO.CO. NO?

Non è uno scioglilingua ma un serio quesito nato a seguito delle norme del Job act.

Dal 1 gennaio 2016 è risaputo che le Collaborazioni Coordinate e Continuative a Progetto (Co.Co.Pro.) non esistano più. Ciò però non significa che anche le Co.Co.Co. non esistano più.

Continueranno ad esistere (art. 2222 cod. civ.) ed a fruire del trattamento a cui si venivano assoggettate le collaborazioni a progetto (lavoro parasubordinato e contribuzione alla Gestione Separata) a patto che siano in possesso di caratteristiche che le possono far considerare realmente tali e non fasulle.

Dando per scontato che entrambe le prestazioni, sia genuine che fasulle, vengano effettuate personalmente dal soggetto lavoratore ed entrambe siano continuative nel tempo, ciò che le differenzia al fine di considerarle collaborazioni genuine e non fasulle sono le caratteristiche del coordinamento da parte del committente.

Qualora queste prestazioni, personali e continuative nel tempo ma il cui coordinamento sia tale da far sì che la prestazione non avvenga nel luogo di lavoro del committente ed agli orari da questi stabiliti, la prestazione verrà considerata autentica e, conseguentemente, potrà fruire dello stesso trattamento precedentemente previsto per le collaborazioni a progetto.

Qualora, invece, possiedano tutte e tre le caratteristiche; prestazioni personali, continue e coordinate, organizzate dal committente anche in riferimento a tempi e luoghi di lavoro, tali prestazioni verranno automaticamente considerate alla stregua di lavoro dipendente sia dal punto di vista contributivo che retributivo.

Le tre caratteristiche della prestazione, nel loro insieme, costituiscono una modalità di esecuzione della prestazione tale non solo da dichiarare una inadeguata autonomia operativa e organizzativa del prestatore ma di consentire l’inoppugnabile presunzione di cessione di tempo lavorativo da parte del prestatore – modalità tipica del lavoro dipendente – anziché un risultato – modalità tipica del lavoro autonomo, sia che esso sia unico e determinato nel tempo che continuativo.

La conseguenza che ne scaturisce è che tale prestazione, pur restando prestazione coordinata e continuativa ricadrà nell’assoggettamento alla medesima contribuzione dei lavoratori dipendenti di quel settore (non più alla gestione separata) e l’acquisizione da parte del prestatore degli stessi diritti dei lavoratori dipendenti, quindi alla maturazione di ferie, festività, permessi, indennità di malattia, maternità, Tfr e quant’altro spettante ai lavoratori dipendenti di quel settore d’attività.

Nell’ipotesi in cui una collaborazione coordinata e continuativa sia genuina e le parti non vogliono rischiare che tale tipo di prestazione possa venire ricondotta ad un rapporto di lavoro subordinato, esiste la possibilità (fortemente consigliata) di adire ad appositi organismi per la certificazione del contratto.

Committente e collaboratore possono rivolgersi indifferentemente agli Enti bilaterali, alle Direzioni Territoriali del Lavoro, alle Università o all’Ordine dei Consulenti del Lavoro.

La certificazione emessa da tali Enti garantisce le parti contro qualsiasi pretesa di illegittimità sia da parte dello stesso lavoratore contraente che degli Enti previdenziali ed anche dello stesso Ministero del Lavoro; ciò, naturalmente, a patto che le modalità di attuazione della prestazione non differiscano da quanto dichiarato dalle parti e certificato dall’Ente.

dott. Claudio Zaninotto

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